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Titoli di Stato USA, con la crisi hanno perso potere di copertura. Siamo ad una svolta?

Nell’epoca dei tassi zero, il ruolo dei titoli di Stato USA sta cambiando. Un tempo i Treasuries erano considerati – vista la solidità dell’economia americana – un asset prezioso nel suo ruolo di copertura da contraccolpi economici. Ma adesso molti operatori stanno rivedendo la propria opinione sui bond a stelle e strisce.

Cosa succede ai titoli di Stato USA?

Dopo Europa e Giappone, l’emergenza Covid ha spinto anche la Federal Reserve a portare i tassi di interesse a zero. E questo ha cambiato tutti gli scenari di asset allocation. Gli operatori di mercato – a prescindere che si occupino di portafogli azionari che obbligazionari – si sono chiesti se ha ancora senso mantenere in portafoglio posizioni in titoli di Stato Usa. Il punto è che i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi sotto all’1%, e questo vuol dire che la capacità di generare guadagni interessanti si è notevolmente ridimensionata. Perfino quando le scadenze sono così lunghe, per gli operatori ormai sorge il dubbio se siano ancora convenienti o no.

La curva dei rendimenti

Ogni considerazione passa però per una analisi sulla curva dei rendimenti. Negli ultimi mesi quella dei titoli di Stati USA si è irripidita con l’aumento dei tassi, mentre si è appiattita quando sono calati. Una situazione analoga si è verificata quando la BCE e la BoJ hanno agito portando i tassi a zero o sotto. Anche in questi casi le dinamiche delle curve sono state come quella attuale degli USA. Ora, quando il contesto economico globale è molto incerto, i titoli di Stato probabilmente continueranno a fungere da ragionevole strumento di copertura per i portafogli rischiosi. Ma in caso di ripresa e quindi di ritorno della propensione al rischio, non sarà più così.

Un nuovo ruolo sul mercato

Stiamo quindi per assistere alla fine dell’epoca in cui i titoli di Stato sono uno strumento di diversificazione efficace per i portafogli rischiosi? No. Questo non lo pensa nessuno, e lo confermano gli indicatori di volume di mercato. Anzitutto perché ci vorranno anni e anni di prove e test prima di asserire una cosa simile. In secondo luogo, perché non c’è nessun altro strumento che per ora è in grado di assolvere questo compito. Cosa infatti si può utilizzare per sostituirli?

Sotto questo punto di vista, il piano di quantitative easing della FED qualche indizio ce lo dà. Ha puntato su diversi tipi di asset come gli ETF oro, i MBS, gli ABS con rating AAA e i CMBS. Molti esperti ritengono che questi strumenti, oltre a offrire un reddito più elevato, contrariamente al passato possono anche offrire maggiori vantaggi in termini di copertura rispetto ad asset più rischiosi. E’ lì che sta sorgendo quindi l’alternativa alle strategie di copertura basate sui titoli di Stato, che tanto successo hanno avuto negli ultimi decenni? Presto per dirlo, ma qualcosa si muove.

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